Abbiamo attraversato la tempesta e ci siamo ri-scoperti viaggiatori.
Il periodo in cui un anno scolastico nuovo si apre davanti a noi, è spesso un momento di riflessione sugli eventi che sono accaduti, su ciò che abbiamo realizzato e ciò che desideriamo realizzare nei mesi a venire: progetti, programmazioni, nuovi laboratori da vivere, diari da riempire, libri da acquistare, evidenziatori da rivedere e riprovare, l’immancabile matita temperata.
Cosa si deve respirare in una Scuola? : la passione per l’educare, e dove si svolge il proprio lavoro con-passione si coltiva la speranza.
Ce lo hanno detto in tutto i modi, in questi ultimi decenni, che la complessità del mondo globalizzato avrebbe portato l’uomo contemporaneo alla ri-valutazione dei modelli educativa ma c’è voluto il Covid19 ed i venti di guerra che soffiano forti per farci comprendere (e non percepire) che la vita, in un mondo trasformato da cambiamenti rilevanti, viene anche colta in flagrante da variabili indipendenti da noi.
Siamo sempre portati a pensare che sia l’altro, la persona che abbiamo accanto, il vicino di banco a dover essere travolto da variabili indipendenti. E invece no. Qui, lo siamo stati tutti. Tutti siamo stati travolti da un non solo da una pandemia tutt’ora in atto ma anche da immagini di corpi straziati a terra a poche ore dalle nostre sicure case. Al crollo degli ideali di progresso e di civiltà è subentrata la convinzione opposta di un presente pieno di rischi e di pericoli, che lascia poco spazio all’ottimismo. Al sogno di un mondo migliore e all’intraprendenza collettiva per realizzarlo, si è sostituita una sensazione generalizzata di precarietà senza fine, la percezione di uno stato irrisolto d’emergenza: la crisi energetica la lontana mediazione.
Venendo meno la speranza e l’impegno nella “causa comune” di una società più civile e solidale, prevale la ricerca della gratificazione e della realizzazione individuale. La mancanza della speranza è terreno fertile per gli atteggiamenti nichilisti, dove anche il vuoto, la sensazione del nulla, il lasciarsi andare, si trasformano in un sottile piacere morboso, ricercato proprio nel permanere dell’inquietudine e della crisi. Nasce in questa condizione la problematicità dell’attuale adolescenza, da sempre tempo del sogno e della promessa. In nessun altro arco d’età diventa evidente come, tolta la speranza, la persona cada nell’apatia e nella tristezza.
Il difficile rapporto con le nuove generazioni, i mondi paralleli che essi sembrano costruire nei confronti degli adulti, sono la denuncia più evidente di una società povera di speranza e di futuro.
Genitori, insegnanti, educatori svolgono oggi un servizio essenziale per uscire da una crisi culturale e spirituale (oltre che economica) che si tracina da tempo, senza sbocchi.
L’adolescenza, infatti, è la primavera rigeneratrice della collettività.
In questa tappa dell’età evolutiva si radicano le basi del vivere collettivo. La giovinezza è l’età in cui le persone si avventurano nella scoperta dell’amore e fanno le prime grandi esperienze affettive, in cui scelgono un proprio ruolo professionale e si preparano a esercitarlo, in cui maturano una propria visione del mondo e quindi scelte personali di vita, si orientano religiosamente e politicamente e quindi acquisiscono una propria identità sociale. Famiglia, professione, socialità, colonne portanti della vita collettiva, affondano le loro radici nell’adolescenza. Da sempre, infatti, le società si sono rinnovate attraverso l’apporto insostituibile dei giovani, la loro azione innovativa e le nuove sensibilità che essi portano.
Si guarda oggi alle nuove generazioni come a un mondo opaco, misterioso, un territorio che spesso adulti ed educatori non sono più in grado di riconoscere. Lo dimostra il ricorso frequente ai luoghi comuni che rimandano quasi immediatamente a immagini di passività, a volte di svogliatezza o anche di fuga di fronte alle responsabilità. Abbondano i luoghi comuni, di pronto utilizzo e subito compresi, che permettono alle persone di dare giudizi, risparmiando la fatica del pensiero.
L’adolescenza, tuttavia, non è solo un groviglio di problemi e d’inquietanti imprevisti.
Rimane, tuttora, la bell’età. Le nuove generazioni sono attive e capaci di contributi originali; adolescenti e giovani sanno reagire in termini efficaci all’evoluzione dei tempi, stanno inventando, come le generazioni precedenti, forme inedite d’umanità. Sanno esprimere, in molti campi, grandiose risorse di autoefficacia, sperimentano, cioè, soluzioni originali ai loro compiti dello sviluppo.
Gli adolescenti sanno di possedere una grande energia. La noia, che essi sperimentano e ostentano, più che un ritiro dal mondo, forse più precisamente, è la ribellione dell’intelligenza per il sottoutilizzo delle sue risorse o per l’esiguità degli scopi per i quali applicarsi. Non si sentono chiamati, aspettati, valorizzati da una società che lascia loro davvero poche risorse e possibilità.
Adolescenti e giovani, tuttavia, non amano definirsi persone disimpegnate e meno ancora si percepiscono in condizioni generalizzate di disagio. Se, a volte, appaiono distratti, “disconnessi”, come se abitassero in un mondo a parte, forse è solo per sfuggire alla complessità insopportabile della vita, nel tentativo di cercare una momentanea sospensione dalle tensioni quotidiane e dagli obblighi della prestazione in ogni ambito della vita; se sono tristi e demotivati è anche perché è la prima generazione a essere privata, derubata di condizioni essenziali per la speranza: la certezza dell’amore, il lavoro, la disponibilità di legami sociali reali. La difficoltà di educare si scontra con due fattori evidenti: da una parte le trasformazioni pratiche della vita sociale (la fragilità dei legami, il cambio culturale, la crisi del lavoro), dall’altra l’inadeguatezza delle idee e dei discorsi a interpretare i cambiamenti in atto. Non basta, infatti, annodare i fili di una tradizione pedagogica percepita lontana; servono nuove idee e nuove pratiche educative. Se la speranza si affievolisce, se i valori si oscurano, l’educazione non può neppure essere pensata. L’educazione sembra oggi impossibile perché, prima ancora, non si riesce a pensarla. Persa la possibilità di poter trovare il senso affidabile del mondo (dei legami familiari, del costume sociale, della cultura) diventa impossibile l’educazione. La speranza deve basarsi sui fatti, sul riferimento a condizioni che possono accadere, su presupposti reali, su riflessioni nate dalla pratica di chi ha tentato raggiunto piccoli o grandi risultati. I nostri adolescenti ci chiedono, talvolta chiusi in un silenzio assordante, ri ripensare a nuovi paradigmi educativi e allora sperimentiamoli con loro!: quest’anno attiveremo dei laboratori interattivi e trasversali suddivisi per aree: Laboratorio Linguaggi digitali, Laboratorio seconda/terza lingua- Laboratorio di matematica-finanziaria- Laboratorio di teatro- Laboratorio di danza – Laboratorio di scrittura creativa – Laboratorio emozioni e parole- Laboratorio podcast e grafica- Laboratorio Arte and design in lingua inglese- Laboratorio di Matemagica- Laboratorio Orientamento Universitario e approfondimento post liceo Certificazione IELTS di 40 h. (solo per citarne alcuni) Occorre mobilitare le energie, dare parola alle esperienze, per far crescere la qualità della vita nella scuola e in tutta la comunità in cui essa è inserita. La questione dell’emergenza educativa, infatti, è una questione pubblica e gli insegnanti, insieme ai genitori e agli educatori, sono gli avamposti di un’assunzione di responsabilità culturale e pratica da sostenere su diversi fronti.
La vostra Preside