Cambiare e scoprire se stessi: dare un nome alle emozioni, conoscersi e conoscere gli altri. Una sfida quotidiana che i ragazzi di 2^media hanno incominciato ad approcciare in un momento laboratoriale guidato da esperti e docenti.
Siamo fatti così. Come ci vedete. Siamo uguali e diversi allo stesso tempo. Abbiamo passioni comuni, gusti diversi, idee uniche, segreti che custodiamo gelosamente: siamo umani.
L’educazione all’affettività proposta ai nostri ragazzi parte dalla complessità del singolo e considera tutta una serie di aspetti emotivo-relazionali che oggi più che mai è importante approfondire.
Non è più solo una questione analitica, esplicativa: siamo così, perché ci guardiamo allo specchio e ne vediamo il riflesso.
Quel riflesso oggi è estremamente complesso, una restituzione cubista che pure Picasso avrebbe tremato: quante facce questa medaglia!
Non si parla solo di cambiamenti fisici con la dottoressa Allia, ma si preme sull’aspetto del vissuto interiore: come cambio, dentro, nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza e poi all’età adulta? Cosa sento quando vedo che il mio corpo cambia? Cosa penso quando riconosco mutamenti nei miei amici e nelle persone che mi stanno intorno?
Durante il primo incontro i ragazzi hanno “gettato” nello scatolone del passato tutto ciò che non vogliono portare con sé nel percorso di crescita, tutto ciò che hanno ritenuto fosse ora di lasciar andare. E sono partiti. Hanno iniziato questo viaggio impegnativo ed emozionante allo stesso tempo.
L’emotività di ogni persona è così intensa, così personale, così caratterizzante che occorrerebbero interventi infiniti per analizzarne solo la metà. Bisogna quindi andare con ordine, cercare dei punti d’unione tra i soggetti e partire da quelli utilizzando il metodo deduttivo: dal generale al particolare. Siamo unici sì, ma ci sono delle linee comuni, delle difficoltà comuni, dei disagi che condividiamo con i nostri coetanei, a volte senza nemmeno saperlo.
Sentiamo spesso utilizzare il termine stereotipo: ma che cos’è?
Il dizionario suggerisce “opinione rigidamente precostituita e generalizzata, cioè non acquisita sulla base di un’esperienza diretta e che prescinde dalla valutazione dei singoli casi, su persone o gruppi sociali”.
Quelli affrontati in questo percorso sono gli stereotipi di genere che affliggono anche noi adulti più di quanto ce ne rendiamo conto. La diffusione di modelli sbagliati, anche se ne parliamo tantissimo, è una realtà oggettivamente preoccupante: qui i social network peggiorano la situazione perché non si tratta più solo di una casa di moda che propone una modella troppo magra o un modello troppo bello (grazie a Photoshop, beninteso) ma si considera un mondo dove tutti possono proporre la loro immagine; e quando condivido la mia immagine voglio essere al meglio! Il tema del filtro è molto importante ed è necessario mostrare ai ragazzi la realtà, quello che ci sta dietro, ed ancor più importante far capire loro che ciò che si nasconde dietro quel luccichio è ancor più bello e speciale (lavoro difficilissimo, l’accettazione del sé) perché è reale.
Uscire dal mio filtro, stare bene con me stesso, dentro e fuori, stare bene con gli altri, accettare i cambiamenti… Un progetto davvero ardito! Ma noi iniziamo a piantare il nostro giardino e a decorare la nostra anima, come suggerisce la Shoffstall, invece di aspettare che qualcuno ci porti i fiori. Per questo il nostro percorso continua, per tutto il mese di novembre, incontro dopo incontro. Insieme è più facile, sempre.