È Pasqua. E ancora una volta faremo i conti con situazioni di distanza, di assenza, di vuoto. In questi mesi abbiamo fatto esercizio di memoria e di ricordi: quello dei nostri studenti tra le aule; quello delle alleanze che si stabiliscono guardandosi, in prossimità; quello, ahimè doloroso, delle tante famiglie che hanno sofferto; quello dei nostri “padri fondatori” che hanno vissuto tempi simili ai nostri e ci hanno lasciato proprio la scuola come risposta.
Il ricordo è la possibilità di interrogare il passato, non per rifugiarvisi nostalgicamente, ma per capire e imparare ad essere capaci di cura e responsabilità nel presente e nel futuro. Il ricordo è la possibilità di essere consapevoli di chi siamo, da dove veniamo, di dove possiamo arrivare. Attraverso ciò che siamo stati. E di chi è stato con noi.
Ricordare significa “richiamare in cuore” (dal latino re-indietro e cor-cuore).
Mi piace anche pensare che possa significare “richiamare il cuore”, chiamarlo di nuovo in gioco. Perché quando le cose sembrano essersi spente, appiattite, svuotate, morte perfino, proprio lì, in quel momento il cuore gioca la sua partita di vita.
Per noi la Pasqua è Gesù. Il Signore del cuore. Perché, proprio mentre cercavano di spegnere la fiamma della sua vita, proprio in quel momento, lui si incendiava di vita: per i suoi amici, per i suoi discepoli, per gli altri condannati e, totale risurrezione, perfino per chi lo stava mettendo in croce. Vi è mai capitato di provare un istante di amore talmente intenso per una persona che vi sembra che il cuore vi scoppi?
Gesù, sulla croce richiama dalla memoria tutta la bellezza della vita, della sua e di quella di ogni persona. E in questo modo trasforma, trasfigura, riaccende, il presente di quell’istante di buio.
Ora noi siamo chiamati a vivere una Pasqua al termine di un anno difficile, sospeso, congelato. Abbiamo la possibilità, se lo vogliamo, di scegliere il cuore e la vita. Non aspettiamo che “ritorni la normalità”. Perché la non sono le condizioni a tenere vivo il cuore. È il contrario. È il cuore che da vita ad ogni situazione.
In cuore, ricordare, rendere presente, render vivo. Il ricordo non è un’azione passiva, di archivio, di catasto. Ricordo, voce del verbo: ci metto il cuore e scopro che perfino il passato riprende vita. E’ questa la Pasqua.
Per questa possibilità offerta dal ricordo, la possibilità di una resurrezione, ho pensato di affrontare le celebrazioni della Pasqua con una Mostra di Camilla Marinoni, intitolata proprio In cör, dal bergamasco “ricordare”. Tre installazioni in dialogo con il nostro vissuto di questo momento e con il tema del ricordo. Tre opere che si danno il compito di dare corpo alle tante forme di assenza (o di presenza a distanza) che stiamo attraversando. Perché con l’arte, ci sia possibile ri-guardare il nostro vissuto, ricordarlo, scoprirne il bello e farlo risorgere.
Ricordare per superare la distanza, la separazione, il vuoto delle nostre aule spesso dedicate a persone che non ci sono più e i cui nomi (Carrara, Bernareggi, Valsecchi) risuonano da generazioni tra i nostri studenti inconsapevoli di citare i nostri padri fondatori. Tramite il loro ricordo, affidato al prof. Augusto Morosini, abbiamo cercato di ripopolare questi spazi vuoti, per ritrovare nel valore di chi ci ha preceduto il senso dello stare qui oggi. In una Pasqua di ri-nascita e ri-generazione in cui i nostri studenti possano tornare presto con entusiasmo.
Una memoria generativa di cultura e di profondi significati. Che ho chiesto a tre docenti dei licei dell’Opera di mettere al centro di una breve riflessione sui temi a loro più cari: la Letteratura (prof. Noris), la Filosofia (prof. Paris), le Scienze Umane (prof.ssa Monaci).
Don Luciano Manenti – rettore Scuole dell’Opera Sant’Alessandro