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Scuola OnLine
Internazionalità 16/05/2022

LEARN ENGLISH & HAVE FUN!

“VIVERE” L’INGLESE AND HAVE FUN!: internazionalità è la password per aprire le porte del mondo odierno, ed è uno dei valori fondanti dei Licei dell’Opera.
Ormai è da tempo che la nostra scuola sta promuovendo in modo trasversale, in ogni indirizzo e classe, un progetto di “coltura” (e cultura) della lingua straniera, grazie proprio al potenziamento delle ore “di madrelingua”. Marie Christine Cray, la nostra amatissima madrelingua from England, racconta la sua scuola.

  • Marie, dopo due anni di insegnamento ai ragazzi italiani della Generazione Z, cosa hai scoperto?
    Innanzitutto direi che si percepisce un forte bisogno di essere accolti e ascoltati. E’ importante creare in classe un’atmosfera di rispetto reciproco in cui tutti si sentono a proprio agio e nessuno ha paura di esprimere le proprie idee. I ragazzi non sono per nulla superficiali come spesso si sente dire nei media. Sono profondi e capaci di pensieri complessi. Se sono a proprio agio si riesce a lavorare in modo proficuo con grandi soddisfazioni sia per noi docenti che per loro.
  • Trovi CURIOSITA’ in loro?
    Tantissima curiosità! Sono molto aperti al nuovo e hanno voglia di ampliare le loro conoscenze del mondo e dei temi che gli stanno particolarmente a cuore, come per esempio l’ambiente. Facciamo tanti lavori di ricerca in gruppo proprio perché partendo da un tema è poi l’inventiva dei ragazzi e la loro curiosità che porta alla creazione di progetti ricchi di contenuti e spesso molto originali.
  • Qual è, secondo te, l’approccio più funzionale per apprendere e conoscere davvero una lingua straniera? Quali metodi adotti?
    Parlare è senz’altro l’approccio più pratico per iniziare a far propria una lingua straniera e quindi cerco di far parlare il più possibile i ragazzi. Esistono tanti modi per stimolare loro a parlare: possiamo partire da una lettura sul libro di testo, un articolo di attualità, dei brevi video o un film e poi aprire una discussione, oppure lavoriamo per creare dei dialoghi, che spesso diventano delle piccole recite teatrali molto divertenti, a coppie o in gruppi. Poi ci sono i lavori di project work, le presentazioni o i dibattiti.Bisogna però sottolineare che tra farsi capire e parlare bene c’è una bella differenza, soprattutto in termini delle soddisfazioni che possiamo avere. Quando una persona decide di imparare una lingua straniera si presume che l’obiettivo sia quello di poter comunicare con chi non parla la propria. Questa comunicazione è uno scambio che potenzialmente può arricchire entrambi gli interlocutori. Tutto dipende dalla capacità che si ha di esprimere le proprie idee e comprendere quelle dell’altro. Trovarsi a conversare con uno straniero e non essere in grado di comunicare in modo soddisfacente oppure rimanere all’oscuro di quello che l’altro sta cercando di dirci a causa di una povertà lessicale e la mancanza di strutture grammaticali che ci permettono di costruire e comprendere frasi più complesse può essere una fonte di grande frustrazione. Non esistono scorciatoie quando si vuole davvero imparare una lingua, non intendo dire che la grammatica debba essere sempre perfetta senza il minimo errore, non siamo dei robot, ma per quanto possa risultare noiosa, serve, altrimenti è come se cercassimo di costruire una casa senza prima mettere le fondamenta. Lo stesso vale per il lessico. Bisogna, come dico sempre ai ragazzi, prendere nota delle parole nuove, ma questo non basta. Dopo vanno studiate e memorizzate così come i verbi e le strutture grammaticali e questo richiede tempo, dedizione e impegno, ma come diceva Platone “Le cose belle sono difficili”, e arrivare a parlare e conoscere bene una lingua straniera non è una cosa bella, è una cosa bellissima. Quindi bisogna mettercela tutta.
  • APPRENDIMENTO e DIVERTIMENTO: da questo connubio nascono progetti di ricerca inventiva che mettono in campo più di una competenza dei giovani: ce li vuoi raccontare?
    Volentieri! Parto parlando del progetto Happyland che ho fatto con tutte le classi 1^, la 2^SU e la 3^LMGE. Abbiamo letto Mr. Happy, un breve racconto per bambini scritto nel 1971 che leggevo io da bambina (per chi non lo conoscesse: https://youtu.be/RTqZ9OCR0Ok). Contiene un messaggio a mio avviso molto importante, soprattutto pensando all’esperienza del lockdown. Il protagonista Mr. Happy, rotondo, giallo come il sole, con un grande sorriso, vive in un paese che si chiama Happyland, dove tutti sono felici, persino gli animali e le piante sorridono. Un giorno mentre cammina nel bosco scopre una porta nel tronco di un albero, la apre e trova una scala a chiocciola che porta sottoterra. Seguendo la scala che va “Down and down and round and round. Round and round and down and down” alla fine arriva a un’altra porta. Aprendola si trova di fronte a un personaggio identico a lui tranne per la bocca che è girata al contrario. Mr. Happy chiede a Mr. Miserable, perché si chiama così (“miserable” vuol dire “triste” in inglese), perché è così triste e l’altro gli risponde semplicemente “Perché lo sono!” Dopo vari tentativi, Mr. Happy riesce a convincere Mr. Miserable ad abbandonare la sua casa dove si era rinchiuso per tanto tempo e a venire a stare da lui. Trovandosi in Happyland dove tutti sono felici anche Mr. Miserable inizia pian piano a sorridere e finisce che, e non poteva essere altrimenti, tutti vissero felici e contenti. In classe abbiamo parlato del racconto e dei messaggi che vi si trovano e poi ai ragazzi è stato chiesto di creare in gruppi una loro Happyland che poi dovevano presentare alla classe. Non c’erano regole o limiti. L’unico punto fermo era che doveva essere una terra dove tutti gli abitanti erano felici. Abbiamo anche dato a loro anche la possibilità di fare dei lavoretti manuali usando il DAS, la carta, scatole di cartone e colori, oltre a quella di affidarsi alla tecnologia e realizzare dei lavori digitali. Massima libertà. I risultati sono stati notevoli. Tanti pensieri profondi e una grandissima creatività.

  • Visto quanto era piaciuto ai ragazzi fare dei lavori manuali; l’arte è anche catarsi e credo che in questo momento ce ne sia bisogno, l’approccio è stato ripetuto con il progetto Encanto fatto con la 1^LM, 1^SU e 1^SCLIB. Abbiamo visto il film Encanto e poi i ragazzi hanno lavorato in gruppi per creare una loro “casita”, una casa magica come quella del film. Ognuno doveva scegliere un dono magico e creare la propria camera e porta, come i membri della famiglia Madrigal nel film, spiegando ovviamente il perché della scelta. Anche in questo caso hanno realizzato dei lavori bellissimi sia esteticamente sia dal punto di vista dei contenuti.

 

…To be continued.